

























Mentre sono alla ricerca del mio scaglione, ho l’occasione di conoscere Ivan, del blog “I diari della Bicicletta”. E’ sempre bello dare un volto a persone che ti seguono e che segui virtualmente, ma soprattutto la sua calma e serenità sono davvero piacevoli in questo clima pre gara.
La bellezza della Parigi Brest Parigi è quella di essere catapultato di colpo in mezzo a migliaia e migliaia (per la precisione 6800 iscritti) randonneur provenienti da tutto il mondo. Vedere come ogni nazione interpreta stile, bici, bagaglio e abbigliamento è davvero affascinante.
I dubbi sulle scelte fatte e meditate per mesi si scontrano spesso con scelte opposte degli altri compagni di viaggio di altre nazioni. Ad esempio mi stupisce incontrare un ciclista giapponese in fat bike. Lo show di contorno a questo evento è qualcosa di davvero unico.

Con Mattia abbiamo un patto: partiamo assieme, ma non appena uno dei due realizza che ha un passo o esigenze diverse dall’altro, in piena serenità ci si separa.
Sono le 19.30, finalmente con un bel sole si parte!

Cerchiamo subito un gruppo che abbia un passo simile al nostro, e la voglia di spingere per percorrere più km possibili con la luce è tanta, ma dopo appena 50 km inizio a sentire male al ginocchio destro.
Psicologicamente questo dolore è davvero un macigno, e una domanda mi sorge spontanea: ma se dopo soli 50 km ho già male al ginocchio come posso farne 1200?
Inizio a rallentare ed anche Mattia, inevitabilmente, è costretto a fare lo stesso e ad aspettarmi continuamente. Io non mi sto divertendo perchè cerco di tenere il suo passo, non si stara’ divertendo lui perchè cerca di tenere il mio.

Verso mezzanotte arriviamo a Mortagne, km 118, all’andata non è un controllo ma un semplice punto accoglienza. Non entriamo nemmeno al self service e mangiamo qualcosa velocemente vicino le bici, prima di ripartire comunico a Mattia la mia scelta: lasciarlo andare e continuare da solo con il mio passo.

Mattia è scettico, ma l’idea di gestirmi da solo questo momento di difficoltà senza condizionare nessuno mi aiuterebbe parecchio. Una volta ripartiti lo vedo filare via come il vento e dentro di me penso “bonne courage mon ami”.


La mia strategia ora sarà quella di trasformarmi in un camionista delle due ruote: pedalare piano, andatura costante e soste brevi.
In questa prima parte di percorso i gruppi che si incontrano sono davvero tanti e di tutti i tipi, difficilmente si rimane a pedalare da solo durante la prima notte, e mi inserisco in un gruppo di inglesi molto simpatici e con un’andatura che fa al caso mio. Acciaio, Brooks, borse Carradice, mi piace un sacco il loro stile, e in men che non si dica sono al controllo di Villaines la Juhel, km 217.
Sono le 4.30 e mi programmo una sosta di massimo mezz’ora: timbro, bagno, riempimento borracce, caffè, pain au chocolat e in 28 minuti, nonostante il pienone, sono già in bicicletta.
Uscendo dal controllo incontro anche Cinzia, Fausto e Lorenzo, li vedo davvero carichi, che bello!

Il programma non cambia rispetto a prima, questa volta pedalo con i brasiliani, simpatici e pittoreschi come sempre, e la compagnia è davvero piacevole.
Cerco di non pensare al ginocchio, ma non è semplice, chissà dove sarà Mattia, già a Brest?
La notte è fredda, si toccano i 5 gradi, l’alba lo è ancora di più, mi sento completamente bagnato per l’umidità, e per svegliarmi mi fermo a prendere un caffè ad uno dei tipici banchetti spontanei che offrono gratuitamente beni di consumo a noi ciclisti. Questi francesi sono fantastici!


Alle 8.54 arrivo al controllo di Fougeres, km 309, siamo finalmente in Bretagna, terra che ci accompagnerà per i prossimi 600 km, il sole inizia timidamente a scaldarci, e una sosta per far riposare il ginocchio, con visita in infermeria è d’obbligo.
Dopo aver timbrato e mangiato qualcosa per colazione, incontro Lorenzo, Roberto ed Aldo, anche loro allegri e felici per questa splendida prima notte passata sui pedali, siamo a un quarto del percorso.

Prima di entrare in infermeria sono consapevole che il medico mi potrebbe obbligare a fermarmi, la mia salute è più importante di tutto questo e nel caso accetterò con serenità questo verdetto.
Fortunatamente, controllandomi semplicemente a mani nude, mi dice che è un’infiammazione al tendine, mi consegna due pastiglie di paracetamolo 1000 da prendere ogni quattro ore, e mi obbliga a fare una pausa di due ore a Loudeac.
Accetto con piacere e subito mi ritorna il sorriso, sento che la mia PBP sta ripartendo per la seconda volta.

Dal tracking online noto stranamente che Mattia non è davanti, ma dietro di circa un ora e mezza, gli scrivo senza ricevere risposta (sara’ impegnato in qualche cooking show?).
Riparto lo stesso, ci aggiorneremo più avanti.
Anestetizzato dal paracetamolo il dolore tende a scomparire, e verso mezzogiorno arrivo al km 360, controllo di Tinteniac.
Mi prendo l’ennesimo Pain au Chocolat e faccio una bella chiacchierata assieme ad Aldo. Abbiamo anche il tempo per uno scatto da inserire sicuramente nel calendario 2020 della Popolare Ciclistica.

Riparto nuovamente da solo, il programma è sempre il solito, pedalare fermandomi il meno possibile. Vorrei arrivare direttamente a Loudeac, ma il passaggio davanti al punto accoglienza di Quedillac è troppo invitante, così mi fermo per una piccola pausa.
Non avendo il bag drop la sosta è rapida: salamella, pain au chocolat, coca cola, messaggi di aggiornamento.
Mentre mangio vedo passare dei personaggi particolari, i famosi fratelli Claß in Triplette, fantastici.

Daniele in questa giornata è stato fondamentale, mi ha dato un sacco di consigli da casa, ma soprattutto mi ha fatto compagnia durante le soste nei momenti in cui ero solo, grazie davvero.
Arrivo a Loudeac alle 17 (km 445), noto subito che il self service è molto pieno. Vedo poi, sdraiato nel prato, Aldo al telefono, non volendolo disturbare, mi mangio da solo due bei panini al formaggio preparati prima della partenza.
Su consiglio medico dovrei fare sosta riposo di due ore, ma essendoci molta gente, preferisco proseguire e fermarmi a Saint Nicolas du Pelem, dopo una cinquantina di km.


Una volta partito sento di colpo un bisogno, necessito di una sosta urgente e cerco il primo cespuglio disponibile, ovviamente il più isolato possibile.
Sfodero, così, la mie armi segrete: le salviettine intime francesi e la bustina di Bepanthenol.
Ebbene si, di colpo scopro il significato di due nuove parole francesi “lingettes démaquillantes”: “salviettine struccanti” e non “salviettine intime”.
Le mie urla di imprecazione e dolore hanno attirato l’attenzione di un ciclista di passaggio. Decide di aspettarmi per ripartire insieme. E’ italiano, si chiama Marco ed è di Benevento, un personaggio di una simpatia davvero straripante.
Scopro , inoltre, che conosce il mio blog e che ha visto il mio video del 2015 su youtube, sono piacevolmente colpito.

Verso le 20.30 arriviamo assieme al controllo di Saint Nicolas, km 490. A questo punto decido di fare le mie due ore di pausa, separandomi da Marco ed i suoi due compagni.
Durante la pausa colgo l’occasione per fare una doccia (l’unica che farò) e poi mi reco al dormitorio per riposare, visto che devo stare fermo cerco di ottimizzare il tempo dormendo.
I minuti passano e la mente continua a viaggiare senza farmi prendere sonno.
Inizia così la fase della disperazione con pensieri che vanno oltre l’immaginazione, inizia il mio trip: “ma sai che bello, esco fuori e mi hanno rubato la bici, così pongo fine a questa tortura”, oppure: “se invece la bici c’è, fingo un furto e me la spedisco a casa fra qualche giorno fingendo un ritrovamento della Gendarmerie”.
Fortunatamente questa fase psichedelica ha fine quando, verso le 23, accendo il telefono, e scopro che Mattia è proprio qui fuori.
Mi vesto al volo e dopo aver mangiato qualcosa, alle 23,30 siamo in sella di nuovo assieme.


Il morale è alle stelle, sento che il ginocchio sta migliorando, sento che la mia PBP, con 500 km di ritardo, sta ripartendo per la terza volta.
La sosta a Carhaix Plouger è davvero volante, timbro veloce, un saluto all’amico Pietro nel parcheggio (che sta andando alla grande in solitaria) e si riparte nel giro di 15 minuti.
Ora ci attende Roc Trevezel, il ponte di Brest, e poi il controllo che segnerà il giro di boa di questa avventura.
Roc Trevezel è sempre una bella gatta da pelare, anzi “da pedalare” in questo caso.
Salita lunga e costante che arriva a quota 380 metri. Sulla carta una banalità, ma abbiamo freddo (4 gradi) e soprattutto molto sonno che combattiamo cantando.
Lo scollinamento è un momento quasi sacro per la PBP, di notte mi emoziona ancora di più. Ora si punta verso il famoso ponte per la foto di rito.
In discesa ci fermiamo ad uno dei soliti e mitici banchetti volontari che salvano noi ciclisti nel momento del bisogno: caffè, torta e via di nuovo, vedo Mattia di colpo rigenerato.


Sono le 5.57 ed è buio, fa ancora molto freddo, siamo sul ponte Albert Louppe e il ponte dell’Iroise sullo sfondo non si vede nemmeno.
Il passaggio in questo punto ha un sapore amaro rispetto al 2015.
L’idea di fare foto al buio senza vedere nulla, mi spiace parecchio, e non rende nemmeno gloria a questo momento così tanto atteso da quattro anni.

Faccio alcune foto, fa freddissimo e tremo, riesco a malapena a fare quella agli adesivi che mi ero ripromesso di attaccare sul ponte: della Popolare, del Martesana Van Vlaanderen, e dei Cicloidi, il pensiero però c’è.

Alle 6.30 siamo al controllo di Brest, km 610, incredibile, siamo a metà!
Dopo un’accesa diatriba fra me e Mattia su quanto dormire, optiamo per una sosta di due ore, dalle 7 alle 9. Andiamo a letto con il buio e ci svegliamo con il sole di una bellissima giornata.
E’ martedì, e abbiamo ancora tanti km da percorrere.
Al ristoro incontriamo Umberto, lo invitiamo a far colazione alla boulangerie poco più avanti ma preferisce mangiare la sua crepes.

Umberto è un personaggio incredibile. Io e Mattia abbiamo stabilito che fra tutti i ciclisti che conosciamo è quello che meglio interpreta il vero spirito del “randonneur”. Si è presentato alla PBP con 2900 km nelle gambe (brevetti compresi). Senza problemi e pacatezza si sta portando a casa in scioltezza la sua terza PBP.
Una volta arrivati alla boulangerie, dire che abbiamo fatto colazione è davvero riduttivo.
Uscendo i proprietari del locale ci hanno fatto addirittura un’ultima proposta di acquisto di ulteriori 5 pain au chocolate con altri 5 in omaggio. A malincuore ho dovuto rifiutare per problemi di spazio nei bagagli. Per questa scelta sbagliata mi maledico ancora oggi.

Inizia ora tutto il viaggio di ritorno, ripercorriamo la strada appena percorsa il giorno e la notte precedente: Roc Trevezel questa volta al sole e al caldo; Sizun, bellissimo paesino dove incontro anche Aurora; Saint Nicolas du Pelem e poi, per le 20 di sera, al km 783, siamo di nuovo a Loudeac, dove ci concediamo una bella pausa e una meritata cena al controllo.





Per l’ennesima volta incontriamo Aldo, e la domanda sorge spontanea: ma sta pedalando o è sempre fermo? non lo vediamo mai in strada, sempre e solo unicamente ai controlli.
Aldo sta percorrendo la sua quarta PBP in fixed, non ha GPS, non ha contachilometri, non ha borracce, ha scarpe distrutte, è sempre fresco e riposato e odia tremendamente gli italiani.
Non voglio fargli troppa pubblicità perchè mi sta un po’ antipatico, ma se cercate in rete, sicuramente troverete info su di lui e sulle bici con cui ha percorso le sue tre precedenti edizioni. Mi piace lasciare un po’ di suspance.

Dopo una tristissima cena abbiamo il sogno nel cassetto di arrivare a Fougeres per la pausa sonno, ma già a Quedillac, verso l’una di notte e al km 843, siamo già fermi perchè abbiamo ancora fame, e ci concediamo una seconda cena.
Una volta preso il vassoio vediamo per l’ennesima volta Aldo seduto al tavolo, sta sorseggiando un ottimo Bordeaux di Chateau Mouton Rothschild del 1945, e il sospetto mio e di Mattia inizia a prender forma: Aldo non è altro che un cartonato che viene montato e smontato per poi essere trasferito di controllo in controllo. Altro che PBP in scatto fisso, la sua è una PBP in trasferimento fisso. Ovviamente nel momento della ripartenza si attarda un attimo e non riparte con noi, coincidenze?

La terza notte è davvero magica, quella che mi sono goduto di più.
Percorro spesso tratti in solitaria, fisiologicamente i ciclisti ora sono più dispersi, in salita rallento sempre e per effetto elastico spesso mi separo da Mattia.
Ci sono stati dei momenti in cui ho percepito il freddo pungere sulle guance e lo sentivo come una sensazione piacevole.
Guardando in avanti non vedevo nessuna luce, girando il capo non vedevo nessuno, alzavo lo sguardo e vedevo solo la luna farmi compagnia, sono in Bretagna, terra magica e misteriosa, e mi sentivo con una felicità addosso senza precedenti.
Questa magia si spegne alle 2.38, quando a Tinteniac, km 869, decidiamo che è impossibile continuare per il sonno, e ci concediamo le ultime due ore di riposo prima dell’arrivo.
Facciamo un po’ di coda al dormitorio, ma questa attesa è stata ripagata nel vedere una scena memorabile: il personale medico stava “medicando” un ciclista che non riusciva più a tenere alzato il capo. Invece di applicare un normale collarino, hanno applicato sotto al mento una confezione di succo di frutta, davvero geniale, gli mancherebbe solo la cannuccia.


Dal controllo di Tinteniac ripartiamo prima dell’alba, e poco più tardi siamo spettatori del sorgere del sole dalla poltrona più bella che esista: la nostra bicicletta.
E’ un’alba fredda e cattiva, ma di un colore e di una dolcezza che riempie il cuore.



Prima di arrivare a Fougeres ci fermiamo in una boulangerie per svaligiarla come sempre, e questa volta non ci facciamo scappare sei pain au chocolat da stipare nelle borse per i momenti di difficoltà.
In questa boulangerie vendono perfino i famosi dolci tipici, i Paris Brest!


A Fougeres timbriamo e ripartiamo, preferendo nell’essere deliziato da qualcosa di altamente gourmet offerto da chef Mattia.
Dopo pochi km dal controllo eccolo in azione. Mi passa fra le mani un bel pezzo di cioccolato fondente su un letto di scorza di arancia. Questa è l’immagine della poesia che si incontra con le due ruote, e ne sono inebriato.

Ciliegina sulla torta, è la tipica sosta alla Tanniere, banchetto ormai diventato tappa obbligata per tutti i ciclisti della PBP.
Dazio da pagare per mangiare crêpes alla marmellata a volontà sono l’invio, una volta ritornati a casa, di una cartolina dal proprio paese. Sul cartellone ritrovo quella che ho inviato nel 2015 con foto allegata.


Dopo aver assistito al passaggio sul contakm da 999 a 1000 km percorsi, puntiamo Villaines la Juhel a 1012 km.

Arriviamo verso le 14, sempre magico l’arrivo in questo luogo: all’andata buio e con poca gente, al ritorno di giorno e con tifo da stadio.
Una volta parcheggiata la bici mi si affianca una bambina hostess. Mi accompagnerà al self service e mi aiuterà perfino a portare il vassoio, quante attenzioni che hanno per noi ciclisti.
Raggiungo Mattia già al tavolo e subito dopo, ecco arrivare come sempre il cartonato di Aldo.



La sosta, quando si ride e si scherza, è sempre più lunga del previsto, e per la prima volta parto assieme ad Aldo in versione biker, e noto una cosa incredibile: pedala davvero e anche tanto!
Inoltre credo che gli addetti al montaggio del cartonato abbiano scordato di inserire un cambio sulla sua bici, costringendolo a farla con la fixed. Non può staccare i piedi dai pedali…un pazzo! Grazie allo scatto fisso la sua pedalata è talmente fluida e costante, che in pochi km scompare di nuovo all’orizzonte.
Tra Villaines e Mortagne affrontiamo uno dei pezzi più noiosi del percorso: un drittone abbastanza trafficato, in più la salita smorza parecchio il mio entusiasmo, che fatica!
Solo sei pain au chocolat mangiati sul ciglio della strada possono risollevare questo momento.





Una volta ripartiti sento un gruppone di ciclisti che mi sorpassa sverniciandomi con passo ardito. La parlata è in inglese ma il tono della voce mi ricorda qualcuno, sento il capo gruppo che, guardandoci con spavalderia, dice ai suoi compagni: “Finally someone who knows how to ride a bike, these Guys are too slow.”
E’ Aldo, ma come è possibile, non era avanti?
Arriviamo a Mortagne, km 1097, per le 19.30.
Al gazebo esterno ordino un panino con la salamella, ma scopro una volta addentata la carne, che il ripieno non è altro che sangue coagulato, mamma mia che orrore.
Il disgusto mi prende lo stomaco e non riesco nemmeno a finire il panino, necessito immediatamente di un pain au chocolat.
Salutiamo il cartonato di Aldo e ripartiamo prima di lui, gli addetti allo smontaggio sono in ritardo e ci prendiamo questo piccolo margine .

Le gambe finalmente viaggiano bene e riesco perfino a spingere sia in salita, sia in pianura.
Ci uniamo anche a Romano e al suo compagno di viaggio, con cui condividiamo gli ultimi km di questa meravigliosa avventura.
Sosta all’ultimo controllo di Dreux, per un caffè e un pain au chocolate, e ripartenza immediata alla volta di Rambouillet, che dista soli 44 km.


Anche se sono con questa allegra compagnia, spesso cerco di separarmi da loro, voglio vivere e gustarmi questi ultimi km da solo, e godermeli più che posso. Sono sicuro che tutti i momenti vissuti in questo viaggio mi faranno compagnia per i prossimi quattro anni, sono sicuro che capiterà spesso di chiudere gli occhi e ripensare a questi bellissimi istanti, e le emozioni continuerò a sentirle vive ancora per parecchio tempo.
Vorrei che questo viaggio non finisse mai, ma alle 2.13 di mercoledì notte (o giovedì mattina) varco il cancello della Bergerie di Rambouillet.
1221 km, 12.000 metri di dislivello, 78 ore e 40 minuti, 4 ore dormite, 38 pain au chocolat mangiati.
Numeri, numeri inutili di questa PBP, come mi ha insegnato bene Aldo. Si perchè dal primo all’ultimo, dalle 44 alle 90 ore, siamo tutti vincitori, anche chi ce l’ha messa tutta e non è arrivato o si è ritirato, anche chi è andato oltre il tempo limite, tutti quanti siamo uniti dallo stesso sogno vissuto.

All’arrivo c’è Claudia ad attenderci, grazie davvero di cuore per l’accoglienza trionfale in questa buia e fredda notte.

Subito dopo aver indossato la medaglia, tiro fuori la sciarpa dell’associazione “La Grande Casa” per la foto con l’Hashtag #vivolavitainvetta.
Dedico a loro la mia PBP per l’impegno che mettono tutti i giorni verso l’integrazione sociale delle persone più fragili, grazie di cuore per tutto quello che fate.
Dopo le foto di rito all’arrivo ci gustiamo un breve festeggiamento nel tendone, ma il richiamo di un doccia e di una bella dormita al dormitorio è davvero troppo forte e non resisto più.



Mi alzo verso le 7 del mattino e con tutti miei vestiti sporchi arrotolati nella mantella goretex, come un clochard, assisto all’arrivo di Fausto e Lorenzo. Eccoli!

Che impresa! E che emozione aver assistito a questo momento così unico.
Sono sicuro che il coach Berta avrà gli occhi lucidi, e sarà sicuramente orgoglioso per i suoi due pupilli.
Ora mi attende un lungo viaggio di ritorno in auto verso casa, so che non sarò particolarmente di compagnia, e questa foto ne è una prova. Chiudo gli occhi… e mi addormento…
sono Bi-Ancien.

Ringrazio tutti coloro che hanno condiviso con me un saluto, un sorriso, un’abbraccio, una foto, pochi o tanti km, ma anche chi con un semplice messaggio da casa, mi ha incitato e incoraggiato in questa avventura, vi ricordo tutti nel cuore.
Però, dei ringraziamenti particolari, sono d’obbligo.
La mia famiglia prima di tutti. Mi hanno supportato e sopportato… sempre!
Poi viene Claudia, mi ha perfino prestato la sua auto il sabato pomeriggio per andare a messa, e di questo le sono infinitamente grato.
Che dire poi di Mattia.
Compagno di tante pedalate estive notturne e di quasi tutta questa PBP.

Lui è un randagio solitario, ma per tanti km è stato un perfetto compagno di viaggio.
Nonostante fossi spesso logorroico con le mie tante parole inutili, questa volta non si è mai arrabbiato con me, anzi, in un’occasione particolare sono stato io ad arrabbiarmi con lui.
Ora, a mente lucida, gli chiedo scusa e lo ringrazio di cuore perchè aveva davvero ragione.
Ed infine ringrazio Daniele.
Compagno di tutti i brevetti di qualifica.

Era ad un passo nel venire a Parigi anche lui, ma poi, giustamente, non avendo la giusta motivazione, ha rinunciato facendo la scelta migliore per non rovinare il suo meraviglioso ricordo del 2015.
Passare sul ponte di Brest senza di lui non è stata la stessa cosa, ma sono sicuro che nel 2023, ci passeremo di nuovo assieme.
Inoltre lo ringrazio perchè nell’ombra, rilegge, corregge e migliora tutti i gli articoli del blog. Grazie!
In fondo questo blog non è solamente mio, perchè senza Daniele e Mattia non avrei nulla da raccontare e condividere.
Spirito Randagio è il blog della Nazionale del Prosecco!

come sempre …..semplicemente fantastico…grandissimi ragazzi
Grazie Lorenzo!
Congratulazioni e bellissimo racconto!
Grazie 1000!
Sapevo che non avresti deluso le mie aspettative, né per la prestazione agonistica, né per quella romanzata. La naturalezza con cui calibri ironia, sarcasmo, demenza, squilibrio, dolcezza ed amore sono incredibili. Semplicemente compliments!
P.s. Alla mia prossima avventura di penna dovrò impegnarmi per superarti!
Grazie 1000 caro, ormai mi conosci troppo bene, anche di persona, e ti ringrazio. Unica cosa che mi spiace è non aver portato il tuo cappellino, ma vedrai che ci sarà occasione per onorarlo degnamente!
alla prossima!
Spettacolo!!!!!!! Grande Matteo !!!! Emozionante rileggere questo reportage
Grazie Pietro! e complimenti ancora anche a te, Super Randagio solitario!
bellissimo racconto
Grazie!